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venerdì, 29 Marzo 2024

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Marsala, restituiti metà dei beni all’imprenditore del settore alberghiero Michele Licata

Marsala – Sono stati restituiti a Michele Angelo Licata (ex principale imprenditore del settore ristorazione-alberghiero in Sicilia occidentale condannato in primo grado a 4 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per una maxi-evasione fiscale, nonché per truffa allo Stato e malversazione) una parte dei beni che gli furono sequestrati a fine novembre 2015.

Un impero economico il cui valore è stato quantificato da Procura di Marsala e Guardia di finanza in 127 milioni di euro. Adesso, circa la metà del patrimonio gestito in amministrazione giudiziaria dal 21 aprile di quattro anni fa torna in possesso dell’imprenditore travolto da una serie di inchieste.

A deciderlo, accogliendo parzialmente la richiesta della difesa, è stata la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani. I beni restituiti a Licata sono alcune delle sue principali strutture (il ristorante Delfino, l’albergo Delfino Beach, il complesso albergo-ristoranti Baglio Basile di Petrosino, l’agriturismo La Volpara), nonché alcune pertinenze, somme di denaro e altro realizzato e acquistato dopo il 2006.

Tra i beni che, invece, non sono stati restituiti ci sono le villette costruite attorno al Delfino Beachwear e a Baglio Basile, la Ramaglia e la Villa Maria. I giudici, insomma, hanno parzialmente annullato il decreto di sequestro del 2015 disposto sulla base della richiesta della Procura di Marsala.

Adesso, il nuovo provvedimento è in fase di esame dal pool di avvocati di Michele Licata. E cioè gli avvocati Carlo Ferracane, Celestino Cardinale, Salvatore Pino, Andrea Pellegrino e Mattias Manco. I legali cercheranno, probabilmente, di capire se è possibile far recuperare al loro cliente gli altri beni rimasti sotto sequestro (in tutto o in parte) o se è meglio accontentarsi del risultato raggiunto.

Quando a fine novembre 2015, gli inquirenti definirono Michele Licata (55 anni) un “abituale evasore fiscale socialmente pericoloso”. Il maxi-sequestro, effettuato dalla Guardia di finanza in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura marsalese allora diretta da Alberto Di Pisa (pm titolare Antonella Trainito), fu la più imponente misura di prevenzione patrimoniale per “pericolosità fiscale” a livello nazionale. Una misura tipica di fatti solitamente connessi alla criminalità organizzata.

In particolare, furono sequestrate 10 società (Delfino, Delfino Ricevimenti, Roof Garden, Rubi, Don Mariano, L’Arte Bianca, Punta D’Alghe, Rakalia, Sweet Tempation, Wine Resort), tre ditte individuali e relative aziende (alberghi, resort con piscine e centro benessere, ristoranti tra Marsala, Petrosino e Pantelleria), 73 fabbricati, 247 terreni, 23 automezzi, 71 conti correnti bancari sui quali erano depositati circa 6 milioni di euro, sei polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie.

Nel dettaglio, mega-complessi turistici come il “Baglio Basile” e il “Delfino Beach Resort”, il ristorante “Delfino” (prima pietra dell’impero economico) e l’agriturismo “La Volpara”. E inoltre, due fabbricati e 10 terreni intestati a Licata e alla moglie per un valore di circa 5 milioni di euro. Un patrimonio che secondo l’accusa sarebbe stato illecitamente accumulato dall’imprenditore negli ultimi 20 anni “grazie ad una colossale e continuata frode fiscale (scoperta a seguito di verifiche delle Fiamme Gialle), a numerose truffe ai Fondi comunitari e alla violazione di numerose altre norme in tema di edilizia e sanità pubblica”.

Scattata l’indagine e avviati i processi (mentre di quello principale si attende l’esito dell’appello, in Tribunale ne è in corso un altro, per auto-riciclaggio ed altro, a Licata e ai suoi familiari), la difesa ha lavorato per ottenere la restituzione, anche parziale, dei beni attraverso il pagamento delle tasse evase. [AP]

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