Il governatore della Regione, ruolo istituzionale di grande rilievo che fa da trade union tra le istanze del territorio e l’esecutivo centrale. Diventato ancora più rilevante da quando esiste l’elezione diretta, solo la Val D’Aosta e il Trentino Alto Adige lo eleggono diversamente. Si è imparato a conoscerlo maggiormente durante il lockdown e l’interazione (eufemismo) con il governo romano.
Iniziando dalla Liguria con Giovanni Toti, molto orgoglioso per l’ultimazione del viadotto Polcevera, manca solo l’asfalto e i lavori non si sono fermati durante la quarantena.
Luca Zaia del Veneto considerato l’alternativa moderata a Salvini, sempre tra gli operatori sanitari durante la chiusura e con un atteggiamento deciso, fermo ma rassicurante. Idem Stefano Bonaccini dell’Emilia Romagna. Molto controverso nella gestione dell’emergenza Coronavirus è Attilio Fontana della Lombardia.
Nello Musumeci della Trinacria apprezzato nella pandemia, criticato (perifrasi) per avere nominato assessore ai Beni culturali e Identità siciliana il leghista Alberto Samonà.
Nel gradimento secondo solo a Zaia, Vincenzo De Luca, pittoresco, degno dei migliori cabarettisti, una mimica notevole ma molto molto amato in una regione difficile come la Campania, il suo mantra: ordine, rigore, efficienza. L’ultima campagna per contrastare gli eccessi della movida: “Cafoni zero”.
I governatori, quando competenti ed efficienti, godono della fiducia dei concittadini, perché avvertono la presenza dello Stato. Siano di destra o di sinistra, sono la migliore risposta alla richiesta delle persone.
Ovviamente tutto è migliorabile e probabilmente vanno riviste le materie a doppia competenza, la dimostrazione è stato il virus, e la sanità è una di queste e la polemica sfociata in una rissa parlamentare tra pentastellati e leghisti lo conferma, ma sono lo “strumento” affinché le persone si riavvicinino alla politica.
Vittorio Alfieri