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“Il mio augurio è che si ponga fine a questo incontrollato flusso migratorio”

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Riceviamo e pubblichiamo

Marsala – Gentilissimo direttore, il mio incipit non può che essere di ringraziamento alla redazione di Marsala Live, che più volte ha pubblicato le mie personali elucubrazioni. Sono un un commerciante, un mestiere che il fato mi ha imposto e che in realtà io non ho cercato, anzi probabilmente lui ha cercato me. Tuttavia con il tempo ho imparato ad amare il mio lavoro, tanto da farne oltre che una fonte di reddito, anche una eccezionale opportunità di conoscenze e un mezzo incredibile di crescita culturale, poiché ogni cliente può essere potenzialmente una involontaria, inconsapevole sorgente di apprendimento.

Il mio lavoro mi permette di interloquire con un mondo variegato di personalità e sensibilità. Facilmente si crea l’occasione di discutere di vari problemi, temi, aspetti sociali che possono apparire noiosi e stucchevoli, ma che in realtà per quanto mi riguarda sono un prezioso termometro del sentimento popolare prevalente in un determinato lasso di tempo.

Ebbene, negli ultimi mesi senza alcun dubbio, l’argomento principe dei nostri dialoghi è l’immigrazione. Ci troviamo in una Italia multicolore, assistiamo giornalmente (secondo il disegno politico-economico del governo Renzi) a continui sbarchi di disperati. Ciò ha creato nella popolazione italiana la convinzione pressoché univoca che bisogna stare vigili, non solo per la paura che essi siano violenti, ma anche a causa del propagarsi della convinzione, fondata o meno, che tutti coloro che provengono da un contesto sociale islamico abbiano l’intenzione di imporre anche a società occidentali come la nostra, le loro usanze, le loro tradizioni, la loro cultura.

Nei cittadini il sentimento prevalente sembra essere la paura, che non è certamente il più nobile dei sentimenti, ma che io trovo essere assolutamente giustificata, poiché è quasi fisiologico che l’ignoto, lo sconosciuto generi ansia e timore su una società già scossa da ripetuti attacchi terroristici da parte di estremisti islamici. Attentati che per fortuna ancora non hanno coinvolto direttamente l’Italia. Gruppi di diverse etnie sono sempre più presenti e sempre più numerosi nel nostro territorio, nella nostra città, e se non si impara a convivere con essi il futuro sarà il disastro sociale.

I segnali non sono affatto confortanti, a Marsala la convivenza appare complicata, forse più di quanto ci potessimo immaginare. Si assistono sempre più spesso a episodi di intolleranza double-face. Il marsalese non è razzista, anzi per sua natura è un popolo accogliente e rispettoso delle diversità, qualunque esse siano. Chiaramente però alcuni atteggiamenti sopra le righe, irrispettosi del decoro urbano, nonché in alcuni casi di violenza gratuita, non aiutano a superare quella coltre pesantissima di scetticismo che il marsalese nutre nei confronti dell’immigrato. Tuttavia, credo sia normale pagar dazio ad una evidente diversità culturale e ciò inevitabilmente crea difficoltà di convivenza.

Detto questo, appare chiaro che in un altro contesto, sarebbe stata una favolosa opportunità per uscire dal proprio ego e capire che al mondo non esistiamo solo noi, né una sola una cultura, né una sola religione, e pensare in modo più aperto che le altre culture ci possono anche arricchire, facendoci conoscere nuovi usi, costumi e modi d’interpretare la vita. La mia sensazione è che nella testa ancor più che nell’anima del marsalese prevalga la smania di espellere dal nostro territorio “l’invasore”, “l’usurpatore ” che si appropria dei nostri spazi oltre che dei nostri denari.

Il mio augurio, è che si ponga fine a questo incontrollato flusso migratorio, poiché ciò vorrà dire che tutti questi disperati sono riusciti a trovare il giusto equilibrio nella loro terra d’origine e quindi avere la possibilità di poterci vivere serenamente. Tuttavia, contestualmente auspico che nel frattempo si riesca a trovare a Marsala la necessaria ragionevolezza per una convivenza, sebbene forzata, serena e civile!

Cordialmente, Giuseppe Clemente

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