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Contro il “silenzioso olocausto” che si consuma nei confronti di esseri umani non ancora nati

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“Culle viventi: un abbraccio alla Vita!”

Da un desiderio del V.O.M. (Volontari Ospedale Mazara), coordinato dal Cappellano, don Antonino Favata, e del C.A.V. (Centro Aiuto alla Vita) di Mazara del Vallo, il 3 ottobre 2018, dopo mesi di confronto e di preghiera, è maturata ed iniziata un’avventura, inaspettata e condivisa nella sua stesura finale, ovvero un corso di formazione strutturato in 8 incontri con cadenza settimanale chiamato “Culle Viventi”.

Culle viventi è ciò che noi volontari VOM e CAV desideriamo essere per tutte le mamme che si trovino in difficoltà nell’ affrontare una gravidanza inattesa, indesiderata o problematica. Stringerci attorno a queste donne in un abbraccio che vuole tradursi in accoglienza, ascolto, rassicurazione e aiuto concreto per loro e per i ”doni”’ che custodiscono nel loro grembo.

La vita nascente va riscoperta e rivalorizzata nella sua essenza: è un dono e come tale non ci appartiene; siamo semplicemente meravigliosi strumenti attraverso cui essa prende forma, chiamati, come ha ricordato Don Antonino, a “collaborare responsabilmente con il Creatore” per generare la vita.

L’ origine della vita è in Dio, Lui ci ha creato a sua immagine e somiglianza, distinguendoci così da ogni altra creatura presente sulla terra.

“L’anima spirituale di ciascun uomo è immediatamente creata da Dio” (HG, Pio XII, 1950) all’ atto del concepimento. E’ la “scintilla” dell’ Amore di Dio che si accende in noi, che ci mette in relazione con il Creatore per l’ eternità. L’ Infinito prende dimora in una realtà corporea per rendersi manifesto al mondo e lo fa servendosi degli sposi: collaboratori di questo progetto d’ amore, della creazione di un essere umano.

Durante il rito del matrimonio, gli sposi si impegnano ad accogliere responsabilmente i figli che Dio vorrà loro donare. La famiglia pertanto dovrebbe essere riflesso dell’ Amore Divino, facendosi custode e non carnefice della vita.

Il progetto “Culle Viventi” vuole concretizzarsi attraverso l’apertura, presso il Presidio Ospedaliero di Mazara del Vallo, di uno Sportello di Ascolto, grazie alla disponibilità del direttore sanitario, Dott. Giuseppe Morana e del primario del reparto di ginecologia, Dott. Pietro Musso. Un vivo ringraziamento va anche all’uscente commissario dell’ASP di Trapani, dott. Giovanni Bavetta, che ha incoraggiato e condiviso sin dall’inizio don Antonino.

La ragion d’essere di questo sportello nasce da una vera e propria emergenza – l’ABORTO – figlia di una società sempre più improntata sull’individualismo e la deumanizzazione. Se l’individualismo è “un cieco ripiegamento in sé che esclude gli altri e i loro bisogni dal proprio orizzonte di vita” (Cfr. E. Molinari, P. A. Cavalieri, Il dono nel tempo della crisi, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015, p. 124), dovremmo ricorrere alla nostra coscienza, forse un po’ troppo assopita, per togliere quel velo che ci impedisce di riconoscere l’embrione come essere umano, dotato di una dignità inviolabile, di un’ unicità e irripetibilità che contraddistinguono ogni persona fin dal suo concepimento e non soltanto dalla sua nascita. Il diritto alla vita dovrebbe essere riconosciuto e garantito soprattutto a chi non è ancora nato. La nostra è un’epoca tristemente contraddittoria.

Il nostro ordinamento giuridico, ad esempio, come ci ricordava l’avv. Elena Di Pietra – uno dei relatori che abbiamo incontrato durante questo percorso formativo – “prevede che a un bimbo non ancora nato e addirittura non concepito si possano lasciare dei beni in eredità, si possano fare donazioni, eppure lo stesso bambino acquisisce il diritto alla vita e capacità giuridica solo dopo essere venuto alla luce”.

Ogni anno celebriamo la ‘Giornata della memoria’ per non dimenticare lo sterminio di milioni di ebrei, eppure ogni giorno si consuma un “silenzioso olocausto” nei confronti di esseri umani non ancora nati.

L’ Avv. E. Di Pietra ha mostrato come la Legge del 22 maggio 1978, n. 194 non consideri l’ aborto un diritto, ma un male da evitare, una realtà da scoraggiare, da ridurre il più possibile. Non è uno strumento di controllo delle nascite.

Ogni medico, a cui si rivolga ciascuna donna che richieda di abortire, ha il compito esaminare le possibili soluzioni che possano rimuovere le cause che l’abbiano portata a vagliare quella scelta, a informarla sui suoi diritti dal punto di vista lavorativo e sul sostegno che potrebbe ricevere sia durante la gravidanza che dopo il parto. Solo dopo aver assolto a questo compito, si rilascia la copia di un documento che attesta lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta di interruzione e invita la donna a soprassedere per 7 giorni. Molto spesso la donna ignora di poter disporre di questo tempo…

Molto toccante un’altra citazione che l’avv. E. Di Pietra ha condiviso: “L’aborto non nega la nascita di una mamma, ma si diventa mamma di un bimbo morto”.

Il Dott. Manfredo Spadaro, farmacista, relazionando sul tema delle “pillole dei giorni dopo”, ha toccato un punto focale: la gravidanza viene considerata una malattia, poiché esiste un farmaco in grado di risolvere il “problema”.

La legalizzazione di questi farmaci, a cui hanno fatto ricorso 70.000 donne (tra cui anche minorenni) nel 2017, non ha fatto altro che accentuare un processo di desensibilizzazione che fa apparire come innocua e priva di conseguenze la pratica dell’ aborto. Numerosi studi scientifici evidenziano lo stato di sofferenza psichica -molto spesso taciuto o minimizzato – talora devastante, esperito dalle donne che hanno interrotto la gravidanza, alcune divorate dal senso di colpa, dal chiedersi che uomo o donna sarebbe diventato quel figlio/a non nato/a. Con l’aborto ogni donna non perde solo un figlio, ma una parte di sé!

Don Antonino Favata e altri relatori del corso, durante i loro interventi ci hanno invitato a riflettere su un fatto non poi tanto scontato: se le nostre madri avessero deciso di abortire, nessuno di noi esisterebbe…

Alcune mamme hanno solo bisogno di essere ascoltate. Non è un caso, come appreso da Angela Asaro, Vicepresidente del CAV di Mazara del Vallo, che l’ 89% di donne con certificato di I.V.G. (Interruzione Volontaria di Gravidanza) abbia proseguito la gravidanza dopo l’incontro e l’aiuto dei CAV. Dal 1975 (anno in cui nasce il primo CAV a Firenze) al 2016 sono stati salvati 190.000 bambini. Gli operatori dei CAV mirano innanzitutto ad un’efficace comunicazione sia verbale che non verbale – il nostro corpo esprime più di quanto possa fare la nostra bocca e non mente – sulla quale incentrare ogni colloquio con le donne in attesa di un bambino. Il colloquio non è una semplice conversazione, ma un vero e proprio percorso attraverso cui due persone costruiscono una relazione al fine di raggiungere un obiettivo.

Valeria Guida, assistente sociale, e Marco Tumbiolo, documentarista, hanno sottolineato l’importanza del “saper stare con l’altro” e l’attenzione con cui usare le parole.

Il valore e l’effetto delle nostre parole è stato testimoniato da Giuliana Fundarò, imprenditrice e presidente del CAV di Alcamo, attraverso la ricca narrazione della sua personale esperienza sul “campo”. Tutt’altro che poche le madri che, dopo un colloquio con Giuliana, hanno portato con sé una frase, una parola decisiva per convertire quella che sembrava una sentenza di morte in un desiderio di accadimento, espressione piena della maternità.

Centrale, e direi essenziale, è stato l’incontro con chi ama decisamente la vita e spende la sua, mettendola al servizio de ”i più poveri tra i poveri’”, come definiva i bambini non ancora nati Santa Madre Teresa di Calcutta.

Un uomo di scienza e di coscienza il Prof. Giuseppe Noia (Direttore Hospice Perinatale Centro Cure Palliative Prenatali “Santa Madre Teresa di Calcutta” – Policlinico Gemelli di Roma – Presidente dell’ Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici (AIGOC), Presidente Fondazione “Il Cuore in una goccia”) il 31 ottobre, presso il Teatro Comunale “G. Garibaldi” di Mazara del Vallo, messoci a disposizione dal Sindaco di Mazara, l’on. Nicola Cristaldi, ha toccato il cuore di ciascuno, lasciandoci certamente più ricchi di quanto non fossimo prima.

Non è affatto semplice sintetizzare la “conoscenza” profusa durante il suo intervanto; ogni dato e ogni emozione ha un valore inestimabile!

Lontano dal fare ideologismo, ha consentito ai partecipanti di “crescere nelle conoscenze, poiché l’informazione è molto superficiale, rimane epidermica, la conoscenza va in profondità” e in tal senso “la scienza ci aiuta a creare consapevolezza, la scienza non può opporsi alla verità”.

La scienza dimostra come l’identità umana si costituisca già al momento del concepimento, quando il gamete maschile (lo spermatozoo) e quello femminile (l’ ovocita) si incontrano nella tuba uterina. Il Prof. Noia ha proseguito così: “ci troviamo dinanzi a un paradosso di biologia cellulare poiché questa nuova vita, possedendo per il 50% un patrimonio genetico di origine paterna, non viene rigettata dalla madre”. Il nostro organismo distingue infatti il “self” (il proprio) dal “not-self”, cioè da ciò che è estraneo e che naturalmente è portato a rifiutare, a rigettare.

Il Prof. ha riferito che il British Medical Journal riconosce all’embrione il ruolo di “attivo orchestratore del suo impianto, del suo destino”, quindi un essere umano autonomo fin dal concepimento, protagonista assoluto nei primi 8 giorni che precedono l’impianto. Se questa non è vita! Inoltre “quando non abbiamo ancora fattezze umane, prima ancora del nostro impianto nella mucosa uterina, iniziamo a parlare, a comunicare con nostra madre” e fatto del tutto sorprendente è che “mentre si formano i nostri organi inviamo cellule staminali guaritrici a nostra madre. Siamo stati tutti i medici di nostra madre!”.

La sensibilità, l’umanità e l’umiltà di questo grande uomo trovano espressione nella Fondazione “Il Cuore in una goccia”, ente senza scopo di lucro che difende la vita nascente in ogni sua fase (preconcezionale, prenatale e postnatale) e s’impegna a tutelare sia la saluta della madre che quella del bambino.

L’ente rivolge particolare attenzione alle patologie prenatali, in risposta alla nostra società che invece promuove e propone la “cultura dello scarto” per cui la diversità, l’handicap non sono una risorsa, ma un male da evitare ed eliminare, quando è possibile; agghiacciante scenario quello in cui un feto malformato o addirittura incompatibile con la vita extrauterina non ha dignità e viene stigmatizzato come essere “inutile”, un “mostro”. Una risposta ai medici che si esprimono in questi termini, arriva ancora da una testimonianza del Prof. Noia: le cornee espiantate da bambini anencefalici (in cui non si è sviluppato il tessuto cerebrale) deceduti dopo la nascita, hanno consentito ad alcuni adulti che avevano subito un grave trauma corneale di preservare la vista per ben sei mesi, fino a quando non hanno trovato donatori adulti.

I dati scientifici che il Prof. Noia ha condiviso, dimostrano come in diverse occasioni, un feto che aveva ricevuto una diagnosi prenatale infausta, possa riscrivere la sua storia naturale, guarendo.

Le parole chiave che, a mio parere, sintetizzano l’opera della fondazione sono “accoglienza e accompagnamento” e Antonella Mangiaracina, giovane mamma siciliana, Referente Regionale delle famiglie della fondazione, lo ha testimoniato condividendo la sua commovente storia. Lei e suo marito sono stati accolti dal Prof. Noia che ha restituito alla loro figlia, Teresa Maria, quella dignità che altri medici le aveva strappato.

Le cure mediche non sempre portano a guarigione, ma ci si può sempre prendere cura.

I genitori di un figlio non nato, malato – terminale o meno che sia – hanno i medesimi diritti dei genitori di figli nati, portano nel cuore lo stesso dolore e meritano rispetto.

Il senso della vita di ogni essere umano è AMARE.

“Cos’è che resta di questo nostro andare, se non il frutto di aver amato e amare” (da una canzone scritta dal Prof. Giuseppe Noia).

Siamo persone innamorate della vita e desideriamo difenderla, sempre.

Oggi pomeriggio, alle ore 16 nella Cappella dell’ospedale, il presidente del Consiglio Comunale, Vito Gancitano, e il Direttore Sanitario, dott. Giuseppe Morana, consegneranno ai partecipanti l’attestato di partecipazione.

A cura del gruppo VOM/CAV

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