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La Sdraio di Giusi Paladino: “Mussolini ha dato una casa a tutti gli italiani?”

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Riceviamo e pubblichiamo

“Mussolini ha dato una casa a tutti gli italiani?” Non direi! Il primo intervento per sostenere il diritto alla casa avvenne nel 1903 con la legge sulle case popolari. Tale provvedimento, voluto dal deputato della destra storica Luigi Luzzatti, costituì la base per l’istituzione delle “società cooperative” che avevano come fine la costruzione, l’acquisto, la vendita o la locazione ai soci di case popolari. Tali cooperative gestivano in autonomia e a livello locale i bisogni dei singoli comuni.

Il fenomeno dell’edilizia popolare abitativa era quindi stato avviato molto tempo prima dell’avvento del fascismo. Mussolini non fece altro che stimolare le iniziative dei comuni.

Con la legge del 1935 si stabilì la provincializzazione del sistema di gestione dell’edilizia popolare e la costituzione di un consorzio nazionale; di fatto venne centralizzato la struttura di controllo ponendo un’ulteriore sovrastruttura di comando di un fenomeno che fino a quel momento aveva avuto un impatto locale. Non vi furono investimenti ulteriori. Come in altri campi della cosa pubblica, il fascismo nel campo dell’edilizia popolare si limitò a porre sotto il proprio controllo e a ribattezzare le strutture amministrative che già esistevano.

Da un punto di vista urbanistico il fascismo si occupò di avviare progetti che avessero un forte impatto di propaganda sulla popolazione puntando sulla funzione simbolica e cerimoniale degli edifici. Per esempio, Mussolini spostò i fondi statali riservati all’edilizia per la costruzione del nuovo quartiere a Roma dell’EUR che doveva accogliere l’esposizione universale del 1942. Si trattò della costruzione di una costosa vetrina dei fasti fascisti, una sorta di quinta teatrale in cui esibire il regime e non un luogo di vita pubblica. In questa ottica rientrano anche i progetti per la costruzione di nuove città che si tentava di bonificare; si trattò di politiche di consenso senza impatti significativi sulle esigenze abitative.

La carenza di alloggi rimase cronica fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale che accentuò il problema della casa con la distruzione e il danneggiamento a causa dei bombardamenti di diversi milioni di abitazioni.

Dopo la fine del conflitto, nel 1949, il governo repubblicano con la Legge 43 attivò una serie di interventi per l’edilizia popolare. In particolare, venne costituito l’INA – Casa, un piano organico di investimenti pubblici da suddividere su tutto il territorio nazionale. Dal 1950 al 1962 vennero aperti ventimila cantieri che diedero lavoro a quaranta mila persone l’anno e che garantirono la costruzione di abitazioni per 350 mila famiglie.
Giusi Paladino

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