L’individualismo e il Coronavirus

Nell’accezione filosofica il comportamento individualista viene definito “egoismo etico”, che ha come finalità la felicità degli esseri umani, che si realizza attraverso l’autonomia e la libertà. Si sfida chiunque ad affermare il contrario. Poi esiste  il semplice egoismo e la differenza con quello “etico” è sostanziale, enorme, abissale.

Bisognerebbe perseguire maggiormente quello etico, determinando la separazione tra giusto e ingiusto. Il significato può assumere una connotazione diversa in virtù dei pensieri personali. Il pensiero è lo step principale che forma le nostre idee, da esse derivano i comportamenti. I giorni che stiamo vivendo  hanno amplificato quello semplice.

La fobia di andare incontro ad un periodo prolungato di quarantena ha scatenato la corsa affannosa ad accaparrarsi i beni di prima necessità, nonostante le rassicurazioni delle autorità. Si notano e i mass media raccontano di persone che nei supermercati acquistano derrate alimentari ed altri articoli primari che basteranno per un nucleo familiare di 4 individui per 7, 8, 9 mesi, praticamente sette quarantene da 40 giorni da Covid-19.

In questo caso l’individualismo è ingiusto perché altri individui dovranno aspettare l’arrivo di nuova merce. Individualismo negativo che il mondo occidentale perpetra respingendo indietro altri esseri umani che scappano da guerre, si ricordano Siria, Sud Sudan, Yemen e Libia e in Africa ce ne sono numerose. Individualismo becero che il meridione italiano ha conosciuto negli anni passati.

L’individualismo sano, giusto, è stato riconosciuto universalmente a Madre Teresa di Calcutta, nel belpaese a Padre Alex Zanotelli, a Marsala un esempio d’individualismo possibilmente da seguire è quello di Salvatore Inguì.

Nei giorni del Coronavirus necessita individualismo a dosi corrette e solidale.

Vittorio Alfieri