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Papa Francesco incontra le famiglie dei pescatori di Mazara trattenuti in Libia dal primo settembre

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Udienza particolare di Papa Francesco ai familiari dei pescatori di Mazara del Vallo che dal primo settembre sono sequestrati in Libia dalla milizia del generale Khalifa Haftar. A incontrare il Papa sei donne e due uomini di Mazara (i due armatori dei due pescherecci sequestrati in Libia, Leonardo Gancitano e Marco Marrone) che da ben 30 giorni hanno montato le loro tende in piazza Montecitorio.

Bergoglio domenica scorsa ha lanciato un appello per i diciotto marittimi trattenuti in Libia probabilmente per tentare uno scambio con 4 scafisti che stanno scontando la loro pena in Italia. Sui due pescherecci “Medinea” e “Antartide” c’erano otto cittadini italiani, sei tunisini, due senegalesi e due indonesiani. Erano tutti impegnati nella pesca del gambero rosso al largo delle coste di Bengasi, nella Libia orientale, la Cirenaica.

“Aspettiamo una buona notizia. Abbiamo ringraziato il Papa per la sua preghiera di domenica, per noi e per i nostri pescatori. Purtroppo, a causa del Covid, non ci siamo potuti avvicinare a Sua Santità ma le sue parole ci hanno dato speranza”, hanno fatto sapere ai giornalisti, confidando: “Siamo entusiasti dell’incontro con il Pontefice, è una grandissima emozione e soprattutto ci dà un’incredibile speranza. Aspettiamo una buona notizia e la nostra sensazione è che possa arrivare da un momento all’altro. Finché non vediamo tornare le nostre barche siamo con il cuore spezzato, e rimarremo a Roma. Oggi sono 31 giorni che siamo davanti a Montecitorio, aspettiamo questa settimana per vedere se ci saranno novità. Sicuramente noi non andremo via da Roma fin quando i nostri pescatori e i nostri pescherecci non saranno liberati”.

Scrive Repubblica: “In questi giorni le autorità dell’Est della Libia hanno fatto sapere che i pescatori non verranno rilasciati se non in cambio della liberazione di quattro calciatori libici, condannati in Italia a 30 anni di carcere. I quattro sono detenuti in Sicilia in quanto condannati per essere stati tra gli scafisti della cosiddetta ‘Strage di Ferragosto’ in cui morirono 49 migranti, asfissiati nella stiva di un’imbarcazione. Uno scambio impossibile, fra carcerati condannati da un sistema giudiziario e pescatori bloccati da una milizia non riconosciuta dalla comunità internazionale”.

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