“Il terribile ardire di un momento d’abbandono, che un secolo di prudenza non potrà mai rinnegare. Per questo, e questo soltanto, noi siamo esistiti. Questo, che non si troverà nei nostri necrologi”. Thomas S. Eliot (poema “The Waste Land”).
“Perfino i più cinici tra noi, vivono attimi che i sentimenti vacillano, e la certezza d’essere impermeabili al senso di colpa, li abbandona all’improvviso, in quei momenti di solito ci si ritrova a fare un pezzo di strada a ritroso, e tuttavia raramente arrivi alla destinazione che ti eri prefissato”.
“Capiscimi, non sono come un mondo ordinario, ho la mia pazzia, vivo in un’altra dimensione e non ho tempo per le cose che non hanno un’anima” (Bukowski).
Tre pensieri, due di poeti famosissimi, l’altro di uno sconosciuto. Massimo comun divisore, l’anima. Tutte e tre interrogano questo aspetto dell’essere, da quando divenne “homo sapiens”.
La prima è di un pavido che trova il coraggio di rilassarsi e non lo sconfesserà mai,ma sarà ricordato in quanto timoroso. La seconda riguarda la comunità del genere umano, la cui filosofia di vita è il tornaconto personale, sono la personificazione del disprezzo di valori etici, ma nonostante ci siano eventi che domandano alla propria coscienza perché sono diventati tali, non riescono a percorrere fino in fondo e trovare la risposta all’indagine. Infine l’ultimo, di un uomo anticonformista, icona di una generazione, anche scrittore,ritenuto maledetto perché dedito all’alcool, ai tavoli intellettuali preferiva i motel, incallito amante del sesso.
Il suo genere letterario fu definito realismo sporco. Vive su un altro pianeta, è consapevole della sua follia, ciò non gli preclude la lucidità di occuparsi di ciò ché è spirituale in qualsiasi accezione.
Considerando i tre concetti e in relazione al momento storico che si vive, forse è arrivata, tornata quella stagione della vita in cui porre quesiti all’anima.
Vittorio Alfieri