Marsala – Il Tribunale di Marsala ha accolto la richiesta di ammissione al giudizio abbreviato condizionato presentata da Antonino e Vincenzo Luppino, figli dell’imprenditore Giovanni Luppino, noto per essere stato l’autista del boss Matteo Messina Denaro. I due fratelli sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento e procurata inosservanza della pena.
L’accusa: “Aiuto prezioso al boss latitante”
Secondo i PM della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Piero Padova e Gianluca De Leo, i due avrebbero fornito a Messina Denaro un supporto fondamentale per i suoi spostamenti nel periodo della latitanza. In particolare, i Luppino avrebbero messo a disposizione mezzi e informazioni per agevolare i movimenti del capomafia nei suoi ultimi anni di clandestinità.
In un primo momento, il GIP di Palermo aveva respinto la richiesta di rito abbreviato condizionato, subordinata all’esame di alcuni testimoni. Tuttavia, il Tribunale di Marsala ha adottato una valutazione diversa, accogliendo la domanda.
Il processo inizierà il 9 aprile
La prima udienza del processo è fissata per il 9 aprile. I due fratelli vivevano a pochi metri dall’ultimo covo del boss a Campobello di Mazara e, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto un ruolo attivo nella gestione della sua latitanza.
Antonino Luppino avrebbe avuto accesso a uno dei cellulari riservati di Messina Denaro, mentre Vincenzo si sarebbe recato alla clinica La Maddalena di Palermo quando il boss venne operato per il tumore, preoccupandosi delle sue necessità.
Dalle auto ai covi: il presunto ruolo dei Luppino
Secondo le indagini, Antonino Luppino, insieme al padre Giovanni, avrebbe scortato Messina Denaro dopo le dimissioni dalla casa di cura l’11 maggio, accompagnandolo fino a Campobello. I fratelli si sarebbero inoltre occupati della manutenzione dell’auto del boss, una Alfa Romeo Giulietta, usata per i suoi spostamenti.
Ma non solo: i Luppino avrebbero seguito i lavori di ristrutturazione dell’ultimo covo e si sarebbero occupati del trasloco dei mobili. Vincenzo, inoltre, avrebbe custodito alcuni arredi non trasferiti nella nuova abitazione e avrebbe persino prestato il proprio furgone al padre per scortare il boss mentre attraversava Castelvetrano, con l’obiettivo di passare davanti alle case dei suoi familiari.
Il quadro investigativo ricostruito dalla Procura rafforza le accuse di complicità con il boss latitante, aggiungendo nuovi elementi che saranno discussi in aula nel processo ormai alle porte.
