Frase choc scuola Zen
Palermo – La frase choc risuona con tutta la sua gravità: «Ti faccio fare la fine di Paolo Taormina». A pronunciarla, secondo il racconto di un insegnante della scuola Giovanni Falcone allo Zen, è stato un bambino di appena nove anni. Il docente ha riferito l’episodio durante il sit-in davanti alla Prefettura dove si è fermato il corteo partecipato da centinaia di persone, partito per dire basta alla violenza dopo l’uccisione del 21enne Paolo Taormina. L’educatore, al microfono, ha lanciato un appello: «Amo il mio lavoro, provengo dallo Zen, ma il tasso di criminalità è fuori controllo. Aiutateci, da soli non ce la facciamo».
L’episodio: parole che pesano come macigni
Il riferimento al giovane ucciso in centro città – un fatto che ha scosso Palermo – è arrivato in una normale mattina di scuola. L’insegnante ha ricostruito che il bambino, nell’aula della Giovanni Falcone, ha minacciato un compagno dicendo «ti faccio fare la fine di Paolo Taormina». Sono parole che raccontano quanto il clima esterno filtri dentro la scuola, trasformandosi in modelli distorti e linguaggi d’odio alla portata dei più piccoli.
Frase choc scuola Zen e contesto educativo difficile
Secondo il docente, la frase choc non è un lampo isolato. Ha parlato di un contesto «insostenibile», con tentativi quotidiani di fuga dalla classe e un numero significativo di alunni che non si presentano. Il messaggio pubblico del docente, pronunciato nel cuore della manifestazione, è stato chiaro: servono presidi educativi, presenza delle istituzioni e strumenti per sostenere chi ogni giorno prova a tenere viva la scuola nel quartiere.
Il corteo e l’appello civile
Il sit-in davanti alla Prefettura di Palermo è stato il momento conclusivo della marcia silenziosa con candele e cartelli. Lì, l’insegnante ha posto un tema che riguarda tutti: proteggere la scuola perché resti luogo di crescita, non di riproduzione della violenza. La comunità scolastica chiede supporto, coordinamento tra uffici territoriali e interventi sociali stabili, in sinergia con famiglie e servizi.
Scuola Giovanni Falcone: il simbolo di una sfida
La Giovanni Falcone è spesso citata come frontiera educativa: docenti e personale provano a creare routine, regole condivise, attività contro la dispersione. Ma, come spiega il docente, quando il territorio esprime pressioni criminali, la scuola da sola non basta. Servono reti tra istituzioni, dal Comune alla Prefettura, e programmi capaci di incidere sul medio periodo: educazione alla legalità, supporto psicologico, presenza costante nei quartieri più fragili.
Il linguaggio dei più piccoli: perché intervenire subito
Gli esperti ricordano che parole e gesti imparati in tenera età possono diventare comportamenti. Per questo, dicono gli insegnanti, occorre intervenire su educazione emotiva, gestione dei conflitti, cittadinanza attiva. Percorsi già previsti dalle linee guida del Ministero dell’Istruzione possono essere rafforzati con il lavoro di associazioni e servizi territoriali, insieme alla vigilanza delle Autorità.
La richiesta ai decisori: sicurezza, sociale, scuola
Il grido d’allarme dell’insegnante chiama in causa l’intero sistema locale: ordine pubblico e politiche sociali devono camminare insieme. La scuola chiede classi stabili, continuità didattica, mediatori, educatori professionali, spazi sicuri. E chiede una rete istituzionale che non si attivi solo dopo i fatti di cronaca, ma accompagni i quartieri ogni giorno.
Speriamo bene: che dalle parole del docente nascano risposte concrete, coordinate e tempestive per proteggere la scuola e i bambini.
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- Prefettura di Palermo – attività e contatti: prefettura.it/palermo
- Ministero dell’Istruzione – Educazione civica e legalità: istruzione.it
- Autorità Garante per l’Infanzia – tutela dei minori: garanteinfanzia.org







